La situazione dei pesci di acqua dolce in Italia è critica: quasi tutte le specie della fauna ittica sono infatti a rischio estinzione. Le cause sono la distruzione degli habitat - in particolare i pesanti interventi di regimazione o escavazione di ghiaia - , l'inquinamento, l'immissione di specie aliene. Quest'ultimo aspetto, spesso sottovalutato, è in realtà molto pesante, in quanto si sono introdotti competitori o predatori delle nostre specie (l'esempio più clamoroso è quello del pesce siluro nel Po). Lo stato di conservazione dei pesci di acqua dolce in Italia è nel complesso molto critico ed è lo specchio di una situazione di degrado generalizzato della rete idrografica superficiale. Delle circa 50 specie indigene (o autoctone) di pesci di acqua dolce solo una infatti, il cavedano, può essere oggi considerata non a rischio (Zerunian, 2007).
Tutte le altre, comprese le 22 specie endemiche o subendemiche, sono da considerare a diverso grado in pericolo di estinzione.
Specie di pesci di acqua dolce come il carpione del Garda, il carpione del Fibreno, la lampreda padana, il ghiozzo di ruscello e il panzarolo sono a rischio di estinzione a livello globale e necessitano di urgenti misure finalizzate alla loro conservazione.
La priorità per garantire una corretta e sostenibile tutela e gestione degli ecosistemi di acqua dolce è senza dubbio rappresentata dal rilancio e dalla riorganizzazione del governo pubblico della risorsa idrica (inteso come capacità delle istituzioni di gestire e raccogliere le conoscenze, di pianificare, monitorare l'uso della risorsa in modo coordinato, efficace ed efficiente) a livello di bacino idrografico, secondo gli attuali orientamenti dell'Unione Europea.